Ognuno di noi ha il suo sentiero.

E’ uno dei primi che abbiamo percorso quando abbiamo iniziato a pedalare, è quello vicino a casa, è quello che ci porta sulla collina con un bel panorama. Quante centinaia di volte lo abbiamo percorso il “nostro sentiero”? Quante volte ci abbiamo fatto sopra delle tabelle, delle ripetute o più semplicemente due chiacchiere con gli amici di allenamento? Quante volte siamo arrivati in cima non guardando per un secondo nemmeno il panorama che ci circondava perchè magari era tardi, era buio, avevamo poco tempo a disposizione o eravamo impegnati nell’allenamento quotidiano? Spesso, anzi molto spesso. Probabilmente la volta che ci siamo goduti appieno quel sentiero è stata la prima volta che siamo arrivati in cima, con la nostra 26 pollici e il telaio in alluminio tanti anni fa…

Oggi però quel sentiero, fatto e rifatto centinaia di volte, siamo sicuri che abbia trasmesso l’emozione della prima volta e non perchè era la prima volta che lo percorrevamo o perchè era diverso dalle altre volte, ma perchè ci è stato privato della libertà di percorrerlo. La libertà, quella cosa che davamo tanto per scontata fino all’otto marzo, (perchè non siamo nè terroristi nè delinquenti), ad un certo punto ci è stata tolta. Abbiamo provato a spulciare ogni singola parola dei decreti usciti nel corso dei giorni successivi (manco fossimo degli economisti) per trovare il cavillo che ci permettesse di andare su quel sentiero, ma niente… non si poteva. Alla fine ci siamo rassegnati e abbiamo anche capito che i problemi reali erano altri, nelle terapie intensive degli ospedali e nelle case dove morivano le persone. Ecco perchè, quel sentiero sapeva di nuovo, di diverso, di bello. Ecco perchè quel panorama in cima era così speciale, ci siamo fermati ad osservarlo, senza tabelle, fatica o poco tempo a disposizione. Ecco perchè oggi, ogni singola pedalata ha avuto un significato ben preciso, quello della libertà…