La Val di Fassa si sa, è il paradiso della Mtb. Tuttavia se si parla del passo delle Selle, il nome potrebbe risultare meno famoso dei suoi numerosi fratelli in zona. Il nostro Andrea Penserini lo ha testato per Bike-Advisor. E’ stata un’esperienza di oltre 60 km e tanti, tanti panorami mozzafiato…

Passo delle Selle: in Val di Fassa è avventura in MTB

Partenza dalla Val di Fassa di buon ora, scorta di panini, zaino bello pieno con tutto quello che può servire per eventuali problemi alla bici (si spera!), protezioni, carte geografiche, abiti di ricambio.

Scendo verso Soraga lungo la ciclabile, fa fresco, non rimpiango di avere indossato l’intimo invernale a manica lunga.
Arrivato a Soraga, ancora sulla ciclabile, il primo duro strappo di giornata. Così, a freddo, mi fa arrivare il cuore in gola; appena spiana rallento per recuperare un numero di battiti sotto i mille e mi impongo di proseguire con estrema calma, perché per oggi ho importanti progetti e nessun problema di tempo.

Verso il passo San Pellegrino

Seguo la sterrata verso l’impianto del Lusia, lo supero e cambio versante, spostandomi sul lato sinistro della valle, dopo brevissimo tratto su strada principale del Passo.
La giornata è splendida, temperatura giusta, per ora sono protetto dal sole dal bosco. La strada forestale continua per diversi chilometri in salita, nel tratto finale è utilizzata l’inverno come pista da sci di fondo.

Dopo un’ora abbondante dalla partenza arrivo al passo San Pellegrino, ultimo tratto sulla strada che poi scenderà a Falcade, all’altezza della Chiesetta svolto a sinistra, su strada ancora asfaltata ma secondaria che, costeggiando le piste da sci, arriva fino al rifugio Cima Uomo, oggi chiuso. Due foto, un veloce ristoro e proseguo in fretta perché so che ora cambia musica e la strada, diventata con fondo sassoso, sarà improvvisamente ripida.
Il primo strappo è micidiale ma con un po’ di tigna lo supero. Dove spiana leggermente un gruppo di escursionisti si meraviglia di non vedere la batteria attaccata al tubo obliquo e si complimenta per la tenacia. Sono solo i primi di una serie di commenti tutti dello stesso tenore. Ormai le MTB che ora vengono definite “muscolari” sono chiuse nei garage ed è molto raro vederle sui sentieri di montagna.

Io proseguo fino alla prima sosta vera di giornata: la Baita Paradiso, circa a metà strada tra il Passo San Pellegrino e il rifugio Passo Selle, che comincio a scorgere su uno sperone, in alto, molto in alto, sopra di me.
Caffè, una bustina di zucchero, un po’ di Sali, il tutto in ordine sparso e casuale, e rimonto in sella. Ora la parte più impegnativa della salita, su strada con fondo sassoso ed a tratti scassato, ripida che sale con pochi tornanti. Mi consola il fatto che ogni volta che alzo la testa il rifugio mi appaia, seppur di poco, più vicino.

La ripida (e bella) salita al Passo delle Selle

Mi fermo per un paio di brevi soste e finalmente, dopo un paio di tratti a spinta, arrivo al rifugio. E’ quasi ora di pranzo e tutti i tavoli sono pieni, c’è fila per entrare. Mi infilo una giacca perché c’è un bel venticello e mangio il mio panino con lo sguardo rivolto alla strada che ho appena percorso. Capisco che gran parte degli escursionisti seduti a tavola sono arrivati lì con l’ausilio della seggiovia, che dal parcheggio al Passo San Pellegrino li ha portati a non più di una mezz’ora di cammino dal Passo delle Selle.

Da 2.500 a 1.500 metri di quota

Mi infilo le protezioni, abbasso la sella, indosso i guanti e parto poco dopo, per la prima discesa di giornata. La discesa è molto tecnica, sassosa, sconnessa, non esposta, per fortuna.
Le protezioni sono indispensabili, una ruota da 29 forse preferibile alle mie da 26 perché alcuni sassi offrono scalini difficili da superare. Incontro un paio di escursionisti con i quali mi fermo a scambiare due chiacchiere poi riprendo. In prossimità del Lago delle Selle (quasi completamente asciutto) il sentiero si fa più filante, un brevissimo strappetto ed inizia la seconda parte di discesa, verso il rifugio Taramelli, con fondo che diventa in terra, seppur ancora costellato da alcuni sassi. Decisamente meno tecnico, ed anche più divertente della parte iniziale. Dal Taramelli alla Malga Monzoni il sentiero diventa strada abbastanza ampia da far salire un piccolo fuoristrada (con un ottimo autista).

Arrivo alla Malga Monzoni dove faccio la terza sosta, con il secondo caffè.
Sono in perfetta tabella di marcia e il programma di fare una seconda salita diventa più realizzabile.
Riparto e percorro tutta la Val Monzoni fino all’incrocio con la Val San Nicolò, bellissima ma oggi molto calda e brulicante di escursionisti saliti con le navette; molti sono già sotto le pensiline che fanno la fila per il rientro a valle.
Fino a Malga Ciampiè la strada è asfaltata e la pendenza accettabile: sembra fatta apposta per i passeggini. Poi inizia a salire ed il fondo diventa ghiaioso, prosegue così fino a Baita alle Cascate, anche questa brulicante di turisti. Non mi fermo e proseguo fin dove posso perché so che tra poco la pendenza mi impedirà di pedalare.

In un primo momento proverò a spingere la bicicletta ma la pendenza ben oltre il 25% e i troppi sassi smossi mi obbligheranno a caricarmi la bici in spalla.
La salita non dà tregua e procedo a passo lento. Poco avanti di metà salita squilla il cellulare, che ho riposto nello zaino per caricarlo con una powerbank.
Gli ultimi passi sono durissimi ma lo spettacolo che mi si propone allo svalico è impagabile: Il massiccio del Sella, la Marmolada vista da sud, le montagne tra le più belle delle Dolomiti si mostrano alla mia vista.
Sulla destra il rifugio San Nicolò che raggiungo in non più di 300 metri pianeggianti, finalmente di nuovo in sella.

Finalmente in discesa, verso Contrin

Dopo il terzo caffè di giornata indosso nuovamente le protezioni ed imbocco la discesa verso il rifugio Contrin, non banale ma divertente e quasi tutta ciclabile, salvo un paio di passaggi tra pietre che forse, con una migliore scelta di traiettoria avrei potuto evitare. Un ponticello sul Rio Contrin segna la fine della prima parte di discesa; supero il rifugio e scendo lungo una brecciata/pietraia, finché la strada diventa più dolce e scorre in mezzo a pascoli presidiati da mandrie di mucche ed asini. La Val Contrin in questo punto è meravigliosa: porta ancora i segni di antichi ghiacciai che la solcavano nei secoli passati, prati intervallati da piccole macchie di vegetazione la colorano. La supero a malincuore e mi aspetta l’ultimo tratto, leggermente più tecnico, di discesa che termina definitivamente ad Alba di Canazei, da dove rientro con calma al punto di partenza seguendo la ciclabile.

Uno dei più bei giri in MTB della Val di Fassa

Chiudo uno dei giri più belli mai fatti sulle Dolomiti: tecnico, lungo e duro; volendo lo si può percorrere in due tappe, scendendo dalla Val Monzoni a Pozza di Fassa e da qui ripartendo poi per la Val San Nicolò.
Consigliato a bikers esperti, con buona dotazione di accessori per essere autosufficienti. I tratti a spinta e a spalla sono inevitabili. Occhio sempre alle previsioni meteo visto che si superano per diversi tratti i 2000 metri fino alla quota massima di oltre 2500.
Massimo rispetto per i pedoni che vedono spesso in noi bikers una possibile fonte di pericolo, soprattutto in sentieri stretti e pietrosi.
Se vi capita di essere in solitaria, come me, alzate un po’ l’asticella del pericolo e lasciate sempre detto dove andate e quali tappe avete intenzione di fare.
Buon divertimento!

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