Circa due settimane fa, nel corso di una pedalata in Mtb al tramonto, alla fine di una salita ci fermiamo ad aspettare gli amici ritardatari. Eravamo su una strada di campagna limitrofa ad una provinciale.
Mentre parliamo, sentiamo un boato e poi un colpo di clacson costante. Nemmeno il tempo di realizzare cosa fosse successo, che vediamo due auto accartocciate a 50 metri da noi sulla provinciale di Tavullia, vicino Pesaro. Un Golf disintegrato con un ragazzo dentro al quale non si vedevano piu le gambe e un Bmw. Chiamiamo i soccorsi. Per fortuna in gruppo c’è un infermiere. Lasciamo le bici e fermiamo il traffico. Ripartiamo dopo l’arrivo dell’ambulanza pensando che se ci fossimo fermati 30 metri piu in la, probabilmente saremo morti tutti. Leggendo successivamente la dinamica sui giornali e non avendo sentito nemmeno una frenata abbiamo capito che uno dei due si era distratto ad alta velocitá occupando la corsia opposta.

Stefano Michi, 62 anni di San Marino, Matteo Lorenzi, 17 anni di Trento, Paride Fattori 54 anni di Verucchio erano tre ciclisti appassionati che in appena due mesi ci hanno lasciato non per delle fatalità, ma per degli errori di automobilisti che per fretta, distrazione e pochezza della vita loro ed altrui, hanno rovinato le loro esistenze e quelle dei famigliari delle vittime.

Non è possibile continuare così. Non è possibile prendere la bici ed avere paura. Peggio ancora, non è possibile che si continui a far finta di affrontare un problema che in Italia deve diventare prioritario. Perdonateci se vi diciamo che la regola del metro è mezzo non serve assolutamente a un cazzo, quando nel nostro paese manca la cultura ed il rispetto e le patenti ormai si comprano o si trovano nelle patatine. Mi piacerebbe sapere quante multe sono state fatte in Italia per aver infranto questa regola del metro e mezzo. Quante invece ne sono state fatte a ciclisti che non pedalavano sulle cosiddette piste ciclabili, che altro non sono che marciapiedi della morte, pieni di intersezioni, stretti e mai puliti.

Bello il Tour de France e i milioni investiti in marketing e promozione territoriale. Belle le riprese aeree dei nostri posti sulle TV di 60 paesi del mondo. Ma la realtà purtroppo è ben altra. A noi basterebbe non morire. Vogliamo smettere di aver paura.